I centauri sono esseri per metà uomini e per metà cavalli. Al pari, i cosmeceutici dovrebbero essere metà cosmetici e metà farmaci. L’inventore di questo essere mitologico, non è un’azienda cosmetica che cercava un’invenzione di marketing per differenziarsi dai concorrenti, ma è un tale Albert Kligman, un dermatologo americano dell’Università della Pensylvania, che nel 1984 inventò appunto la parola “cosmeceutica”.
Forse avete già sentito parlare di lui quando abbiamo parlato dei test sulla comedogenicità fatti su uno stuolo di conigli.
Kligman inventò la parola “cosmeceutico” per descrivere un cosmetico che “apporta un beneficio terapeutico farmaceutico ma non necessariamente un beneficio terapeutico biologico” (perdonate la mia traduzione un po’ maccheronica dall’inglese). Sempre secondo Kligman un cosmeceutico è “una preparazione topica venduta come cosmetico ma che ha delle performance caratteristiche che suggeriscono un’azione farmaceutica”.
Ok, ma a cosa si riferiva esattamente Kligman?
Se sono un po’ farmaci e un po’ cosmetici, dobbiamo prima di tutto capire che differenza c’è tra un cosmetico e un farmaco.
Cosmetici vs farmaci
I cosmetici sono “sostanze o preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (…), oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivo o prevalente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”. Questo bel testo non è opera mia ma di chi ha scritto la legge 712/86 .
Insomma sia ben chiaro: i prodotti cosmetici non possono vantare proprietà terapeutiche, per quello ci sono i farmaci, che curano o prevengono malattie. Infatti un farmaco è: “ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o di animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo e dell’animale.”.
Quindi i cosmetici e i farmaci secondo la legge europea sono due cose ben diverse. I farmaci ad uso topico trattano la pelle che ha una o più patologie, i cosmetici possono limitarsi ad agire su una pelle sana e servono per mantenerla tale.
Quindi, se vi state chiedendo se a questo punto i cosmetici siano del tutto inutili, la risposta è no, servono per aiutare la pelle a mantenersi in buono stato, non è poco e non è banale.
Non esiste secondo la legge una classe intermedia, ovvero secondo la regolamentazione europea i cosmeceutici non esistono.
cosa sono i cosmeceutici
Non essendoci per legge una “classe” intermedia tra cosmetici e farmaci, questi centauri sono in realtà dei cosmetici come tutti gli altri. Perché non hanno assolutamente le caratteriste per rientrare tra i farmaci.
Quindi possiamo dire che siamo di fronte all’ennesima genialata del Marketing? Diciamo che qualcuno utilizza quello che aveva detto Kligman per far credere che i suoi prodotti siano davvero qualcosa di diverso rispetto agli altri cosmetici.
Se un farmaco per essere tale deve dimostrare la sua efficacia, a un cosmeceutico, al pari di un cosmetico, non è richiesto. La cosa importante è che il cosmetico sia sicuro per i consumatori, la sua efficacia può essere dimostrata con test volontari, ma per nulla obbligatori. Le leggi che regolano cosmetici e farmaci sono, per dirla tutta, abbastanza, se non molto, diverse.
Ma torniamo a Kligman. Perchè aveva inventato la parola cosmeceutica? Si riferiva a degli studi fatti prima sulla tretinoina (una forma della Vitamina A) utilizzata come anti-acne e anti-aging e poi sul retinolo (un’altra forma di Vitamina A, meno attiva rispetto alla prima). Ecco, aveva notato che l’inserimento della Vitamina A nei cosmetici regalava dei super-poteri simili a quelli dei farmaci, effetti che fino ad ora non si erano riscontrati in altri cosmetici. E così si è inventato la parola cosmeceutico: una sorta di cosmetico in grado di fare qualcosa in più senza però essere un vero e proprio farmaco.
Altri hanno poi studiato come esistessero altri ingredienti super-attivi in grado di poter rientrare nella definizione di “cosmeceutici” data da Kligman: gli esfolianti alfa-idrossiacidi e la Vitamina C di sicuro rientrano tra questi.
Ma sebbene nelle ricerche scientifiche così come nelle discussioni accademiche il termine “cosmeceutico” risuoni parecchio, le leggi europee, ma anche di altre parti del mondo, non riconoscono la classe di cosmeceutico. Ma distinguono solo tra farmaco e cosmetico. Non c’è modo per poter dividere in modo chiaro e netto cosa possa differenziare un cosmeceutico da un banale cosmetico.
Ma Kligman un po’ di ragione ce l’ha nel farsi domande. Si dice che il cosmetico non può penetrare nella pelle, la può mantenere in buono stato, ma non può curarla, e non può modificarla (ma modificarne solo l’aspetto). Ma la realtà non è fatta di bianco e nero ed esistono comunque una serie di sfumature. Alcuni attivi usati anche in cosmetica posso arrivare al torrente sanguigno (se lo fanno avviene in minima parte e non provocano problemi alla nostra salute, ma ugualmente ci arrivano), altri riescono a stimolare la produzione di collagene agendo sui fibroblasti (è il caso di alcuni peptidi e della Vitamina C), così come il retinolo agisce sulle cellule della nostra pelle. Cosa che in teoria i cosmetici non dovrebbero fare per loro definizione.
Alcuni attivi o tipi di molecole poi vengono usati sia in farmaci, dispositivi medici e simili che in cosmetici alcuni con percentuali diverse o forme diverse. Alcuni tipi di VItamina A sono presenti solo in farmaci, veri e propri, mentre altre possono essere usate in cosmesi (forme meno attive come il retinolo o la retinaldeide). In altri casi (tipo l’Acido Salicilico) ci sono percentuali riservate solo ai farmaci (sopra il 2% per i prodotto leave on, o il 3% per i prodotti a risciacquo).
Quindi una linea di confine netta per legge esiste ma nella realtà dei fatti il confine ha un alone di grigio che sfuma il bianco e il nero delle definizioni canoniche farmaco/cosmetico. Credo che Kligman volesse farci capire questo.
Le leggi però devono dare degli spartiacque netti, per poter dire in modo insindacabile cosa è nero e cosa è bianco, se no sarebbe difficile chiedere che vengano rispettate e non si potrebbe giudicare chi fa bene e chi sbaglia. E se lo studio della scienza è uno e condiviso in tutto il mondo, le leggi nelle varie nazioni sono costruite in modo diverso.
Negli USA ci sono dei prodotti che rientrano tra gli OTC (farmaci da banco) che potremmo definire cosmeceutici e che in Europa sono veri e propri cosmetici: sto parlando di protezioni solari sopra l’SPF 4, shampoo anti forfora e antitraspiranti. In effetti sono cosmetici che fanno forse qualcosa di più di quanto richiesto a un banale cosmetico, ma per l’Europa sono cosmetici e non farmaci. In Giappone invece hanno inventato la categoria dei “quasi drug” che altro che non è che un sinonimo di “cosmeceutico” se vogliamo dirla tutta. Non sono un’esperta di legislazione giapponese, ma so che l’Ascorbyl tetraisopalmitate (che è una forma di VItamina C ) se usata in % uguali o maggiori al 3% è un quasi drug, mentre in Europa è semplicemente un cosmetico.
O ancora, ci sono attivi che vengono usati sia nei cosmetici che nei farmaci, nei dispositivi medici o nei presidi medici chirurgici anche alle stesse concentrazioni e la differenza tra il farmaco e il cosmetico può stare anche solo nei test da fare, nelle documentazioni da produrre a supporto e, soprattutto, nel modo in cui vengono presentati i prodotti al consumatore. Strano vero?
Un esempio? un gel igienizzante (quello diventato indispensabile grazie al Covid19) è un cosmetico, mentre lo stesso prodotto ma presentato come gel disinfettante può trasformarsi in un presidio medico chirurgico (tra le due formule potrebbero esserci delle differenze ma non è detto, potrebbe solo cambiare il modo con cui l’azienda ha deciso di registrare quel prodotto). Cambiano i test e il modo con cui viene presentato il prodotto ma potrebbe non cambiare nulla all’interno della formula.
O ancora, negli USA non si possono creare cosmetici con una % di Acido Azelaico superiore al 10%, perchè sopra quella percentuale rientrano nei farmaci, ma in Europa non ci sono limitazioni di utilizzo per quanto riguarda L’Acido Azelaico nei cosmetici. Quindi in Europa può essere tranquillamente prodotto un cosmetico con Acido Azelaico al 15% o il 20%, percentuali che negli USA sono riservate solo ai farmaci e che si ritrovano anche nei farmaci europei. Quindi in Europa possiamo avere farmaci e cosmetici con la stessa percentuale di Acido Azelaico.
VI faccio un ultimo esempio: pensate al Pantenolo e alla Betaina. Sono due ingredienti che hanno dimostrato di avere potere cicatrizzante sulla pelle a determinate % (utilizzabili tranquillamente nei cosmetici). Bene, prendiamo un ipotetico cosmetico e un ipotetico farmaco con le medesime percentuali di questi ingredienti (% da letteratura), il cosmetico potrà dire di vantare un’attività riparatrice, mentre il farmaco potrà vantare proprietà cicatrizzanti (che non possono essere svolte per legge da un cosmetico). Ma a parità di formula ovviamente la pelle non percepirà la differenza.
Capite come i confini possono essere sfumati?
C’è ancora un caso un po’ borderline di cui voglio parlarvi, in questo caso siamo di fronte a prodotto che normalmente è un cosmetico ma che viene iscritto tra i dispositivi medici per un motivo particolare. Alcune aziende producono dei solari venduti in Europa marchiandoli con un SPF 100, cosa vietata per i cosmetici perchè la regolamentazione sui solari impone massimo l’indicazione 50+, perchè il valore 100 potrebbe essere fuorviante per il consumatore, perchè potrebbe ritenerlo uno schermo totale (altro termine vietato). Ma se io creo un solare che viene poi presentato al consumatore come un cosmetico ma lo iscrivo come dispositivo medico ecco che non devo seguire il regolamento cosmetico e posso dichiarare l’SPF 100. Ogni commento lo lascio fare a voi. Il tutto è ovviamente super lecito e fatto nel rispetto delle normative.
Ma torniamo ai cosmeceutici.
Forse avrebbe davvero senso creare una classe di cosmeceutici, come chiedeva Kligman, ma per la legge non esistono e per tanto chiunque può definire un suo prodotto come cosmeceutico, ma di fatto rimane sempre un cosmetico.
Un cosmetico e un sedicente cosmeceutico hanno la libertà di contenere gli stessi ingredienti, rispettando le limitazioni che potrebbero esserci su qualche attivo specifico, devono rispettare le stesse leggi, ovvero quelle che regolamentano i prodotti cosmetici, perché è questo che sono entrambi. Insomma giocano esattamente lo stesso campionato.
Quindi non è scritto da nessuna parte che un produttore di cosmeceutici produca dei cosmetici più attivi o funzionali di uno che chiama i suoi prodotti, banalmente, cosmetici. Ha solo deciso di utilizzare questa parola come leva di marketing, e può farlo perchè non vi è nulla di regolamentato che metta dei paletti per poterla o meno utilizzare.
in cosa è diverso un cosmeceutico
Ma in un cosmeceutico ci sono in effetti concentrazioni più alte di attivi? Boh, e chi lo dice?!?
Quindi cambia qualcosa nell’efficacia tra un cosmetico e un cosmeceutico?
Diciamo così, in un mondo perfetto, potremmo immaginare che chi produce un prodotto spacciato per cosmeceutico si “sbatta” di più e decida di mettere nella sua formulazione percentuali più alte o mix più performanti di attivi. Insomma che ci provi a fare un prodotto dalla “qualità migliore”, più ricco o più efficace, se così vogliamo dire.
D’altra parte un produttore che non se la sente di utilizzare nomi “aulici” e che si prestano facilmente ad ambiguità, potrebbe creare una crema con un mix di attivi e una formulazione da bomba, super performante e in grado di rendere felici, anzi felicissimi i propri clienti.
Ecco, quale delle due creme sarà “meglio”? Quale delle due sarà più “cosmeceutica”? Chi lo sa. Certo è che sono entrambi solo e soltanto dei cosmetici.
COme capire quale prodotto è migliore
Quindi come si fa a capire quale crema è migliore di un’altra? Mi spiace dirvelo ma è un gran casino.
Il criterio di scelta “il prodotto più caro è per forza il migliore” non regge, ci sono ottimi prodotti ed enormi ciofeche in ogni fascia prezzo.
Allora può essere utile imparare a leggere una lista ingredienti? Quello può aiutare a capire cosa c’è dentro a quel prodotto, ma non ci dice le percentuali di ogni ingrediente e non ci dice nulla sulla loro qualità (una bottiglia di olio extravergine può avere qualità totalmente diverse a seconda della varietà di olive, del metodo di raccolta, dell’annata e del metodo di lavorazione e non so più quante altre variabili; applicate lo stesso ragionamento per ogni ingrediente e non ne uscirete vivi). E poi conta molto anche come gli attivi vengono veicolati all’interno di una formula.
Ora vi sto togliendo come criterio di scelta anche la segmentazione cosmeceutico/non cosmeceutico, semplicemente perché questa divisione non esiste.
Lo so è un mondo difficile. Ma io non sono qui certo a indorarvi la pillola.
Quello che potete fare è molto semplice. Reperire le informazioni che riuscite a trovare, digerirle, farvi una vostra idea, decidere di chi fidarvi, provare il prodotto, valutare se vi piace e poi…boh, basta, vivere felici!
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