Come ogni estate, anche quest’anno esce un articolo sensazionalistico che per strappare qualche click in più genera terrore. Questa volta si parla di PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) e creme solari, e per seminare il terrore si dice di fare attenzione perché sono cancerogene e penetrano nella pelle e nel sangue. Si invitano i genitori a non utilizzare creme solari con PFAS sui bambini perché ci sarebbe, secondo loro, un allarme degli esperti.
Ma come stanno davvero le cose?
I PFAS sono una famiglia molto grande di composti (sono più di 4700), e date le loro caratteristiche particolari si usano nell’industria da più di 70 anni. Hanno però la capacità di rimanere nell’ambiente per sempre e per questo vengono definite “forever chemicals”, alcuni possono creare bioaccumulo negli organismi viventi e quindi possono finire nella catena alimentare e in alcuni casi causare l’inquinamento delle falde acquifere. A causa di alcuni processi di lavorazione industriale non ben gestiti negli Stati Uniti (ma non solo) alcune falde acquifere non sono potabili proprio per questo motivo.
Essendo inquinanti che permangono nell’ambiente ECHA e altre associazioni stanno spingendo le aziende a trovare alternative più ecologiche e le aziende stanno via via dismettendo l’uso di queste sostanze.
Nell’industria si usano per produrre le pentole antiaderenti (anzi, a dire il vero non più), ma si usano anche per produrre abbigliamento tecnico idrorepellente, nella placcatura dei metalli, nella lavorazione del petrolio e nell’industria mineraria, in campo aereonautico e automobilistico e raramente si trovano nei cosmetici.
Tant’è che in una ricerca di quest’anno (2024) che voleva capire la diffusione dei PFAS in cosmetica hanno preso in esame 765 cosmetici presenti nel mercato Europeo e si è visto che i PFAS erano presenti solo nel 3,5% dei prodotti. Non hanno trovato nessun PFAS nei detergenti, nei solari o nei profumi, li hanno trovati però in qualche crema. La maggioranza dei prodotti cosmetici che contengono PFAS sembrano essere i prodotti da Make-up che li contenevano però solo nel 7,2% dei casi.
Rimane il fatto che i PFAS sono ingredienti usati davvero pochissimo in cosmetica e la tendenza è quella di vederli usare sempre meno, sostituiti di volta in volta da sostanze più innovative.
Da molto tempo ci si chiede se il loro uso sia un pericolo per l’ambiente e non si è ancora capito se possono rappresentare un problema per la salute umana quando usati nei cosmetici. Si sa che una volta ingeriti si possono accumulare nel fegato e in altri organi interni portando a un aumento del colesterolo, maggiori rischi di cancro al fegato e alla tiroide, e problematiche al sistema riproduttivo o a quello immunitario. L’esposizione maggiore comunque si ha attraverso quello che ingeriamo attraverso il cibo o bevendo dell’acqua contaminata.
Quindi in effetti qualche PFAS è cancerogeno, ma non tutti, solo alcuni.
Tra i PFAS, infatti, c’è il PFOA che effettivamente è considerato un cancerogeno.
Il PFOA, acido perluoroottanoico, è usato per impermeabilizzare i tessuti (ad esempio il Goretex), il pellame o la carta e viene usato nella cera per i pavimenti ed è ricercato per la sua capacità di essere idrorepellente e oleorepellente, ma viene sempre più sostituito da altre sostanze, dato che l’AIRC lo ha definito nel 2023 un cancerogeno di tipo 1 (ovvero un cancerogeno per l’uomo, al pari del fumo, dei raggi solari e dell’alcol).
Il PFOS invece, anche lui un PFAS, sempre dal 2023 è stato inserito tra i cancerogeni di tipo 2B (ovvero possibili cancerogeni per l’uomo) quindi vuol dire che non ha ancora dimostrato di essere cancerogeno, ma comunque lo si sta studiando. Sono cancerogeni di tipo 2B l’aspartame, la benzina e scarichi di motore a benzina, fumi di saldatura e verdure in salamoia tradizionali asiatiche (non chiedetemi quali perchè non lo so).
Quindi sì, i PFAS in generale sono cangerogeni, lo è infatti il PFOA, ma non lo è il PFOS (potenzialmente potrebbe esserlo ma non siamo ancora stati in grado di dimostrarlo).
Il PFOS è la sostanza a cui fa riferimento Il Fatto Quotidiano nel suo articolo che ha suscitato clamore ed è stato ripreso da tantissimi altri giornali. In questo articolo si cita una ricerca scientifica (che però non sono riuscita a trovare nella letteratura) condotta da Klaus Abraham e Cornelia Weikert, che secondo Il Fatto Quotidiano dice: ” Questa indagine sperimentale ha il carattere di un test di prova di principio in una singola persona, utilizzando il PFOA come composto modello e la protezione solare come prodotto cosmetico modello. Dimostra in modo inequivocabile che quantità rilevanti di PFOA penetrano nella pelle in queste condizioni”.
Bene, analizziamo bene cosa dice questa frase: è stata fatta un’indagine sperimentale, un test di prova, condotto solo su una sola persona, quindi con un valore scientifico molto basso, uno di quei test che si definisce “preliminare” e che si fa giusto per iniziare a capirci qualcosa. È stato dato a un solo volontario una crema solare con PFOS (attenzione mica tutte le creme solari lo contengono) e dal loro esperimento hanno visto che usato in quella condizione è riuscito a penetrare nella pelle.
Quindi cosa dobbiamo desumere da questo esperimento? Che bisogna capire se su un campione più ampio si ottiene lo stesso risultato, tanto per cominciare, e poi una volta che si sia dimostrato che penetra nella pelle bisognerà capire se il fatto che penetri sia o meno un problema.
Infatti, in un’altra ricerca del 2023 si legge che ad oggi le ricerche sono ancora poche e non si è ancora capito se i PFAS possano penetrare nella pelle una volta applicati.
Quindi direi che farsi venire le ansie da PFAS nei cosmetici non ha un gran senso.
Sempre in quell’articolo del Fatto Quotidiano si esorta le persone a cercare e preferire creme solari “PFAS free”. Lasciate stare. Dopo anni di cosmetici “senza”, in cui si è fatto la caccia alle streghe ai parabeni, ai siliconi ecc. ecc, io mi auguro che non si inizi con il “PFAS free”.
Il sole è un cancerogeno di tipo 1, un cancerogeno accertato, mentre tutti i prodotti cosmetici e quindi anche tutte le protezioni solari devono essere sicure per i consumatori. È sicuramente più pericoloso per la salute non utilizzare la protezione solare o non applicarla come si dovrebbe.
Se avete paura di scegliere un prodotto non adeguato alla pelle di vostro figlio, non cercate un prodotto “PFAS free”, ma piuttosto cercate un prodotto studiato per la pelle dei bambini (se vostro figlio ha almeno 3 anni) o cercatene uno che afferma di essere adatto ai lattanti dai 6 mesi di età nel caso di un bimbo più piccolo. Sotto i 6 mesi non serve la protezione solare perché, come consiglia il Ministero della Salute, i bambini sotto i 6 mesi non devono venire esposti alla luce diretta del sole.
I bambini hanno una pelle più delicata che fa penetrare maggiormente le sostanze con cui viene a contatto. Ma le aziende e chi conduce i test per poter affermare che un cosmetico è adatto anche ai lattanti o ai bambini lo tengono in considerazione. Non viene richiesto a voi di trasformarvi in piccoli chimici per capirlo. Chi scrive sulla confezione dei suoi prodotti che un prodotto è adatto ai lattanti o ai bambini sa di esporsi parecchio e sa che dovrà dimostrare perché fa queste affermazioni.
Per fortuna in Europa ci sono enti che ci tutelano ampiamente e se capiscono che una sostanza potrebbe essere pericolosa per la salute la limitano o la vietano. Da quello che ho potuto vedere in questi anni si muovono in via preventiva, cioè quando ancora non si ha la sicurezza che una sostanza possa creare dei problemi ma quando ancora si pensa che potrebbe esserci il rischio. Forse un giorno, alla luce di nuove scoperte ci sarà un giro di vite sugli PFAS, ma oggi di sicuro non ci devono preoccupare e in ogni caso, dato che sono utilizzati davvero pochissimo in cosmetica, per cui anche se fosse, il contatto che ne possiamo aver avuto è davvero minimo.
Scusate l’articolo lungo e forse un po’ complicato, ma ci tenevo a spiegare bene la questione. Spero di aver fatto un po’ di chiarezza su questo tema spinoso e spero possiate andare in spiaggia un po’ più sereni.
Bibliografia
Couteau, Céline & Catherine, Brunet & Romane, Clarke & Laurence, Coiffard. (2024). Per- and polyfluoroalkyls used as cosmetic ingredients – Qualitative study of 765 cosmetic products. Food and Chemical Toxicology. 187. 114625. 10.1016/j.fct.2024.114625.
https://www.eea.europa.eu/it/segnali/segnali-2023/articoli/prodotti-chimici-sicuri-e-sostenibili
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